Persone, bisogni e tecnologie: l’ascesa della salute collaborativa

Presentato il 23 ottobre a Milano il report "La Cura che cambia – pratiche e culture di salute collaborativa in Italia", un lavoro di ricerca che studia approcci innovativi alla salute mettendo al centro la persona e la comunità, focalizzandosi su esigenze, risorse e potenzialità
report La Cura che cambia – pratiche e culture di salute collaborativa in Italia

Una rampa leggera e a basso costo per permettere alle persone con disabili di entrare nei negozi, un braccialetto che integra tutti i dati sanitari, un gioco di realtà virtuale per i bambini oncologici. È l’ascesa della salute collaborativa, una tendenza nata dal basso che mette assieme tecnologie e bisogni, tenendo la persona al centro. Che si tratti di app, di device o di processi di co-design con gli utenti, questi sistemi migliorano la cura e innovano il sistema della sanità, secondo il report La cura che cambia, presentato ieri a Milano da Nesta Italia,in collaborazione con LAMA, WeMake e UniCredit. Il report offre anche una serie di raccomandazioni a policy maker, aziende e terzo settore.

«L’approccio della Salute Collaborativa, testato per la prima volta nel Regno Unito dall’Health Lab di Nesta, è di cruciale importanza per migliorare la salute e il benessere dei cittadini e far fronte ad alcune delle più rilevanti sfide del sistema sanitario e di welfare nazionale. - spiega Marco Zappalorto, direttore esecutivo di Nesta Italia - L’emergere della Salute Collaborativa non sostituisce il sistema socio-sanitario formale, né riduce le responsabilità delle istituzioni pubbliche preposte alla tutela della salute individuale e collettiva; al contrario, si pone in modo sinergico e complementare, mirando all'integrazione e alla trasformazione dei servizi esistenti, tramite l'introduzione di nuove pratiche e culture utili al suo rafforzamento».

Le pratiche censite da Nesta Italia - con il supporto di Unicredit, Lama e WeMake - sono molto differenti tra loro ma accomunate da una serie di fattori: «La centralità della persona e dei suoi bisogni, la sua responsabilizzazione e il coinvolgimento attivo, e la valorizzazione di dinamiche collaborative a vari livelli, tra medici e pazienti, tra pazienti affetti dalla stessa patologia, tra professionisti, caregiver o membri di una certa comunità», si legge nel report La cura che cambia.

App e device. Tra i tanti esempi, Tommi utilizza la realtà virtuale per migliorare l’esperienza dei bambini negli ospedali, mentre Bimbe dagli Occhi Belli si rivolge alle bambine affette da una malattia rara per supportare l’inclusione sociale favorendone la comunicazione. E ancora Amyko utilizza la tecnologia per rendere più accessibili e integrati i dati sanitari del cittadino, in modo da migliorare l’autogestione della propria salute e facilitare di conseguenza l’assistenza medica. Trillio è un device che ricorda ai pazienti cronici e agli anziani di prendere le loro medicine e può essere configurato anche a distanza, Dianax è un dispositivo che permette alle persone con diabete di eseguire test del sangue accurati direttamente da casa, dando la possibilità di vedere i risultati sullo smartphone in modo semplice e immediato.

People and community. Si tratta di innovazioni sociali che «valorizzano le competenze dell’individuo e la forza della comunità per promuovere la salute attraverso soluzioni inclusive, accessibili e abilitanti». Tre esempi significativi che includono il Centro Sociale Residenziale di Lastra a Signa, esperienza storica di inclusione degli anziani attraverso la comunità; il Progetto Itaca, che favorisce un nuovo approccio alla cura di persone affette da disturbi della salute mentale basato sulla condivisione di esperienze e il coinvolgimento diretto del malato, della famiglia e dei pari; e il Progetto Escapes, che rappresenta un’esperienza di Community Health Educators (Educatore di Salute di Comunità) pensata per le comunità migranti in Italia. Altre esperienze comprendono la medicina narrativa di Digital Narrative Medicine e l’esperienza pionieristica del Club Innovatori Sanità Km0, community promossa dal Consorzio Arsenàl per la co-progettazione di app e servizi digitali in sanità da parte di professionisti e cittadini/utenti.

Open care. Questa area di Open care accoglie quei progetti che favoriscono approcci e strumenti in grado di aprire processi di creazione e distribuzione di soluzioni dal basso nel settore della cura. Per esempio il progetto Open Rampette a Milano nato dal bisogno di dare risposta all’accessibilità alle persone con disabilità nei negozi, peraltro sancita da un regolamento comunale. 

Raccomandazioni per policy maker, imprese e terzo settore. Una sfida fondamentale, trasversale a tutti i livelli e gli attori coinvolti, riguarda l’impiego delle nuove tecnologie, in particolare le tecnologie 4.0 che mostrano grandi potenzialità per la salute ma richiedono una riflessione e un impegno più profondo per essere valorizzate come reali strumenti di empowerment. In questo senso, la ricerca ha evidenziato la necessità di affiancare all’innovazione tecnica e tecnologica in atto anche il coinvolgimento attivo degli utenti e di tutti gli attori, per rendere le soluzioni tecnologiche pienamente usabili, efficaci e accessibili per garantire la loro integrazione e sostenibilità all’interno dei sistemi di welfare».

Fonte: Il Sole 24 Ore

Link e documenti utili: Nesta ItaliaWe Make, Agenzia Lama, UnicreditReport: La  cura che cambia